Il 2010, anno dedicato al quarto centenario della morte del Caravaggio, ha visto il proliferare in tutta Italia di numerose mostre ed esposizioni direttamente o indirettamente dedicate al genio lombardo, indiscusso maestro della luce.
Nel panorama spicca per originalità la mostra “Pensare Caravaggio. 15 artisti per Michelangelo Merisi”, promossa dalla Fondazione Bottari Lattes di Monforte d’Alba (via Marconi 16) e curata da Vincenzo Gatti. Quindici artisti del Novecento, per un totale di ventisette opere, sono stati scelti per la loro capacità di ripensare Caravaggio, di rifarne le opere in modo originale, di intessere omaggi, reminescenze e rimeditazioni.
La mostra, a ingresso gratuito, ha sede in un luogo di grande suggestione, il borgo di Monforte d’Alba (Cn), perla delle Langhe. Aperta dall’11 dicembre 2010, visto il grande successo di pubblico viene prorogata fino a domenica 13 gennaio 2011. Orario: da lunedì a venerdì dalle 14.30 alle 17; sabato e domenica dalle 15.30 alle 19.30.
Nell’arte di Michelangelo Merisi (vero nome del Caravaggio; 1571-1610) trionfano il naturalismo e la rappresentazione della realtà quotidiana, resa attraverso i mezzi pittorici della luce, che irrompe sottolineando teatralmente i volumi dei corpi, e dell’ombra, a rimarcare fra l’altro il dramma quotidiano dell’esistenza.
Sin dal Seicento numerosi sono stati gli artisti italiani e d’oltralpe che si sono ispirati al Caravaggio, soprattutto nel forte realismo nel riprodurre le figure, spesso illuminate da luce violenta. Suggestioni caravaggesche si propagano fino all’Ottocento per raggiungere tutto il Novecento, attraversando il postmodernismo. Sono evidenti nella dimensione teatrale di alcuni lavori, nelle citazioni dirette di soggetti del Merisi, negli studi sullo spazio pittorico, nel materialismo naturalista e nell’elevazione a mito di moderni soggetti di natura morta.
E proprio su questi artisti del Novecento, in un certo senso “nuovi Caravaggisti”, il curatore Vincenzo Gatti ha gettato uno sguardo attento, per individuare i lavori che sono stati maggiormente influenzati dall’arte del maestro lombardo in modo esplicito o indiretto. Sono così state scelte ventisette opere di quindici pittori soprattutto italiani: Aimone, Chessa, Ferroni, Francese, Garel (Francia), Guccione, Mattioli, Morlotti, Ruggeri, Saroni, Scalco, Soffiantino, Tommasi Ferroni, Ventrone e Vespignani. Ognuno è presente in mostra con due opere, a eccezione di Morlotti, Vespignani e Guccione.
«Coerentemente alla titolazione (“Pensare Caravaggio”) – spiega il curatore Vincenzo Gatti –, la mostra individua, in un percorso di mezzo secolo di pittura italiana (con l’unica eccezione per il francese Philippe Garel), un gruppo di artisti che, direttamente o per matrice ideale, interpretano il linguaggio caravaggesco. Questo può avvenire in chiara forma citazionista (Ferroni, Soffiantino, Mattioli, Tommasi Ferroni, Ventrone) oppure, anche in sede di linguaggio “informale” per dedica dichiarata: è il caso di Ruggeri che può essere assunto a riscontro di quanti, nelle loro opere, manifestano richiami caravaggeschi non certo per l’iconografia, ma per ragioni di luci, ombre, spazi».
Di Nino Aimone (Torino, 1932), spiega Vincenzo Gatti, la Figura su fondo verde del 1961 documenta l’interesse del pittore alla figurazione venata di umori grotteschi, ma sempre corroborata da intense valenze cromatiche e sostenuta da forti strutture disegnative, così come il Teschio del 2008 in forme neoespressioniste.
Le opere di Mauro Chessa (Torino, 1933) dipinte nel 2000 sono sontuose nature morte, vere e proprie vanitas, variazioni su un tema caro alla tradizione della grande pittura. Gianfranco Ferroni (Livorno, 1927 – Bergamo, 2001) nel suo Omaggio a Caravaggio (1991) rende essenziale e quasi astratta la scena della Vocazione di San Matteo caravaggesca, distillandone l’essenza e facendola unica protagonista.
Il realismo “epico e primordiale” (Francesco Porzio) di Franco Francese (Milano, 1920-1996) è ben documentato dalle due opere in mostra degli anni 1976 e 1988, mentre la pittura di Philippe Garel (Trèbeurden, 1945), che aggiorna alla sensibilità contemporanea il linguaggio dei maestri del passato, da Rembrandt a Caravaggio, è rappresentata da un intenso ritratto (1992) e da una scabra natura morta (1982).
Il grande quadro di Piero Guccione (Scicli, 1935) del 1963, continua a spiegare Gatti, evidenzia l’interesse per i maestri che si presentavano allora con nuove modalità per la figurazione, Bacon e Sutherland in particolare; Carlo Mattioli (Modena, 1911 – Parma, 1994) dichiara apertamente la citazione dal Cesto di frutta di Caravaggio (1967), ma ne raccoglie le spoglie, l’ombra, meditando sulla transitorietà delle cose.
La Collina (1959) di Ennio Morlotti (Lecco, 1910 – Milano, 1992), lombardo come Caravaggio, è una riflessione sulle forme e sulla materia della natura. Per Piero Ruggeri (Torino, 1930 – Avigliana, 2009) il riferimento a Caravaggio è da intendersi come relativo allo spazio pittorico e all’articolazione compositiva (opere del 1963 e 2002); Sergio Saroni (Torino, 1934 – 1991), partecipe di una folgorante stagione pittorica legata alla nuova figurazione a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, è autore di due opere che mostrano la transizione tra informale e figurativo (1964 e 1966).
Giorgio Scalco (Vicenza, 1929) tratta canoniche tematiche (figure in interno e natura morta) usando una meditata tecnica pittorica che predilige velature e sovrapposizioni piuttosto che impasti materici (tele del 1978 e 1986), dei quali si giova invece Renzo Vespignani (Roma, 1924 – 2001), artista di riferimento, nell’ottica di un crudo realismo, per la ricerca figurativa negli anni 1960-1980 (qui presente un olio su tela del 1960).
Giacomo Soffiantino (Torino, 1929) ha realizzato per questa mostra due d’apres caravaggeschi (2010): in essi la citazione si stempera nelle modalità tipiche della sua pittura, caratterizzata dall’intensità dell’ispirazione e dagli arditi tagli compositivi.
Lo stesso soggetto (Incredulità di S.Tommaso) si rileva in una delle due opere (1983) di Riccardo Tommasi Ferroni (Pietrasanta, 1934 – Pieve di Camaiore, 2000): l’artista, noto per i suoi diretti richiami alla pittura seicentesca, attualizza il soggetto, facendo vestire gli abiti della contemporaneità agli attori della rappresentazione.
La cifra distintiva delle opere di Luciano Ventrone (Roma, 1942), conclude Gatti, è l’iperrealismo: nell’esasperata, quasi disperante, veridicità delle sue nature paiono annullarsi le definizioni e così la fisicità delle forme può perdere, per assurdo, ogni riferimento reale (oli su lino del 2008 e 2010).
Artista torinese, classe 1948, il curatore Vincenzo Gatti per circa venti anni è stato titolare della cattedra di Tecniche dell’Incisione all’Accademia Albertina di Torino, che ha diretto nel 1991 e 1992.
Ha esposto in diverse personali in Italia e all’estero, tra cui a Milano, Torino, Trento e Olanda. Ha partecipato a numerose collettive, come a Milano, Castello di Barolo, Liegi, Thonon (Svizzera). È stato invitato alle più importanti rassegne di grafica, tra cui il Premio Biella, la Triennale dell’Incisione di Milano, la Biennale Internazionale della Grafica di Palazzo Strozzi a Firenze, l’Intergrafik di Berlino Est, la Biennale di Belgrado, la Biennale d’Incisione di Acqui Terme (premiato), la Biennale dell’Incisione Josif Iser in Romania (premiato), la I Triennale d’Incisione Città di Chieri (premiato).
Ha curato mostre, collaborato a cataloghi e pubblicato scritti riguardanti la pratica e la didattica dell’incisione. Dal 1971 fa parte dell’Associazione Incisori Veneti ed è stato segnalato più volte sui Cataloghi Bolaffi della Grafica Italiana.
Il catalogo della mostra (5,00 euro) è edito dalla Fondazione Bottari Lattes ed è reperibile alla sede della Fondazione (via Marconi, 16). Presenta un saggio di Franco Fanelli sul caravaggismo nel XX secolo.
Le immagini della mostra sono scaricabili da sabato 14 gennaio dal sito www.fondazionebottarilattes.it
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“Pensare Caravaggio”
In Langa quindici artisti del Novecento per Michelangelo Merisi
Mostra prorogata fino al 13 febbraio
INGRESSO GRATUITO
In esposizione opere di:
Aimone, Chessa, Ferroni, Francese, Garel, Guccione, Mattioli, Morlotti, Ruggeri, Saroni, Scalco, Soffiantino, Tommasi Ferroni, Ventrone, Vespignani
Fondazione Bottari Lattes, Monforte d’Alba – Cn (via Marconi 16)
Da lunedì a venerdì dalle 14.30 alle 17; sabato e domenica dalle 15.30 alle 19.30
Info:
Fondazione Bottari Lattes
www.fondazionebottarilattes.it
Tel 0173.789282; 333.8685149
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