Sull’opera di Jacques Toussaint, artista di origini francesi ma attivo in Italia dal 1971, c’è da alcuni anni una particolare attenzione da parte di un pubblico e di una critica che situano i loro interessi tra arte e design. L’artista infatti opera una ricerca che intreccia i suoi interessi per questi due ambiti e che si sviluppa con grande rigore a partire dall’acquisizione di un elemento semplicissimo della geometria, il segmento, che diventa il fondamento di un alfabeto compositivo che si articola ora sulla tela, ora nello spazio, ora, infine, nel prodotto di design. L’intento creativo che matura nelle composizioni pittoriche e grafiche, in cui il segmento diventa strumento di costruzione di un mondo estremamente regolare che vive tra quadrati e cubi, trova poi nel mondo della produzione d’arredo la possibilità di gestire il valore estetico (ma anche poetico) dell’arte dentro un oggetto-prodotto dalle caratteristiche funzionali estremamente qualificate e apprezzate.
"Sia in ambito artistico che nelle applicazioni di design, Toussaint ha cercato sempre – scrive in catalogo il curatore della mostra Luigi Cavadini – di confrontarsi con se stesso sul tema del rigore costruttivo. Le esperienze condotte sulla regolarità dei rapporti , che si esprime anche nel gioco delle simmetrie fra le parti, trova ad un certo punto intriganti esiti in costruzioni in cui le forme regolari si disarticolano generando asimmetrie di particolare interesse."
Nella mostra è illustrato il suo percorso con una carrellata di lavori in cui si nota come ricerca artistica e ricerca funzionale si sviluppano sempre "con l’attenzione ai materiali, che vengono utilizzati ben al di là delle loro consuete destinazioni. Mi riferisco qui – scrive ancora Cavadini – all’uso dei vetri lavorati e degli specchi che costituiscono elementi fondamentali di installazioni, come Glass Works, in cui l’artista sfrutta la lavorazione industriale di essi per dare corpo ad una visione fatta di vibrazioni e di variazioni originate dalla diversa incidenza della luce sulle superfici operate del vetro (spesso reso specchiante), visione che si innesta in un contesto di ricerca che ha alla base le esperienze dell’arte cinetica e dell’optical art e che trova qui una nuova declinazione. Già abbiamo accennato all’uso del neon (nella tradizionale versione bianca o in quella, più usata da Toussaint, blu cobalto) per distribuire nello spazio dei segni-segmenti grafici che possono generare percorsi o interagire con altre presenze."
Fondamentale, nell’economia della mostra, è l’installazione denominata stanza arcaica in cui l’artista riassume tutta la sua la sua poetica, intrecciando opere e oggetti d’arredo con sottili valenze simboliche e segnalando anche alcuni alti riferimenti (Costantin Brancusi e Luis Barragan) cui la sua opera è debitrice.
La presentazione dell’opera di Jacques Toussaint si sviluppa in due luoghi: a Bologna, presso la sede dell’Alliance Française con una installazione di vetri di grande suggestione e Budrio, negli spazi interessantissimi delle Torri dell’acqua con una rassegna che illustra l’itinerario della sua ricerca.
Per maggiori informazioni contattare :
Edizioni del Piccolo Museo
Via Gherla 46
31017 Crespano del Grappa TV
0423 538 230 – 329 968 8761
[email protected]
JACQUES TOUSSAINT IL SENSO DELLA MISURA
"Una parte di retta delimitata da due punti": è questa una definizioni che fa parte delle reminiscenze forse più facilmente richiamabili dal nostro passato scolastico e che sta ad indicare il segmento, quell’elemento fondamentale della geometria euclidea che non è comprensibile solo mentalmente (come la retta o la semiretta, che si perdono nell’infinito), ma praticamente percepibile e inquadrabile da ciascuno di noi. Potremmo arrivare a definirlo in modo ancora più puntuale, sottolineando che ad esso appartengono tutti i punti della retta compresi tra i due estremi e solo quelli, ma per le nostre esigenze basta la definizione scolastica, che, comunque, ci pone tra le mani e nella mente i limiti (almeno in estensione) di questo elemento geometrico, che poi è facilmente rappresentabile mediante un segno e che, se gli forniamo uno spessore sul piano e/o nello spazio che ci porterà fuori dalla pura visione geometrica, diventerà un oggetto pratico da comporre nei modi più diversi.
Tutta questa premessa è indispensabile per addentrarci nel mondo di Jacques Toussaint, questo artista singolare che, formatosi sulla pittura di tradizione, attraversato il momento di distacco dal paesaggio, dalla figura e dalla natura morta per una "narrazione" informale, ha infine indirizzato la sua ricerca sulla elementarità dei componenti della pittura: segno e colore. E per l’uno e per l’altro ha scelto, in modo radicale, la riduzione estrema: ecco allora il segmento, ecco, quando serve, un unico colore per tracciarlo.
Mi piace rimandare (e la mostra ce ne offre uno spunto diretto) la scelta del segmento fatta da Toussaint, francese di origine ma attivo in Italia dal 1971, al "metro campione", quella barra di platino-iridio conservato al museo di Sèvres, nei pressi di Parigi, a cui riferiamo ogni misurazione di lunghezza. In quella barra il segmento, la cui formulazione è pur sempre astratta, assume connotazione fisica e Toussaint fa lo stesso all’interno della sua ricerca. I segmenti si moltiplicano sulla carta, si organizzano, si giustappongono, poi, prima in modo virtuale e quindi nella pratica, sfuggono al piano per disporsi nello spazio, moltiplicando all’infinito le possibili posizioni. Infine la loro presenza si fa palpabile: l’oggetto-segmento nel prendere volume può acquisire materia concretizzandosi nel metallo, può mutarsi in vuoto incidendo una lastra o un corpo oppure, chiuso in un neon, può farsi luce.
Un alfabeto semplice, quindi, quello con cui Toussaint scrive la sua arte, fatta di costruzioni sempre molto rigorose dove alla regola della semplicità si coniuga una prassi fatta di parallelismi e ortogonalità: i percorsi affidati ai segmenti non sono mai casuali, ma giocati sulla intersezione delle rette portanti che ripartiscono le superfici in maglie dalle reti quadrate e lo spazio in strutture articolate di forma cubica.
Entro tali canoni si sviluppa tutta questa ricerca che, se nasce e si evolve in forma astratta, diventa quindi prima visibile e poi concreta. Visibile nei quadri, nelle pitture sui muri, sui pavimenti, nelle sculture. Ma anche come disegno grafico con funzione decorativa, applicato su una seduta piuttosto che su una lampada. Diventa invece concreta (nel senso di utilizzabile, non nel senso storico dell’arte concreta) quando è tradotta in elementi di arredo: particolarmente interessante risulta qui il trasferimento della leggerezza che anima le composizioni artistiche che possono diventare contenitore, tavolo o altro ancora.
Il "disegno" costruito per segmenti sulla carta si fa presto ambizioso e diventa "design" realizzandosi come arredo mediante sottili strutture d’acciaio dove è abitualmente il cubo a fare da forma guida in uno sviluppo che può essere verticale e/o orizzontale e dove le facce del cubo solo eccezionalmente, per esigenze funzionali, appaiono chiuse e diventano portanti. L’inserimento di solide tavole in legno massello, ora perfettamente levigate ora parzialmente al naturale, contribuisce a sottolineare l’estremo rigore costruttivo e ad accentuare la leggerezza dell’insieme. Interessante appare il confronto tra il vuoto della struttura e il pieno del legno.
Sia in ambito artistico che nelle applicazioni di design, Toussaint ha cercato sempre di confrontarsi con se stesso sul tema del rigore costruttivo. Le esperienze condotte sulla regolarità dei rapporti , che si esprime anche nel gioco delle simmetrie fra le parti, trova ad un certo punto intriganti esiti in costruzioni in cui le forme regolari si disarticolano generando asimmetrie di particolare interesse. Per la verità va sottolineato che tali asimmetrie, se rapportate al piano centrale verticale, possono in alcuni casi ricondursi ad una categoria di simmetrie in tre dimensioni, che nuovamente ricadono in quel rigoroso procedere che qualifica tutta questa produzione.
Gli arredi così ottenuti, comunque, nella singolarità complessiva costituiscono un test significativo per la valutazione della capacità estetica di chi vi si approccia, perché il disorientamento iniziale è da una parte facilmente (e sorprendentemente) dissolto nella apprezzabile valenza spaziale dell’oggetto e dall’altra superato grazie ad una nuova comprensione del senso del simmetrico nella definizione del bello in sé e del piacevole in tutte le accezioni.
Torniamo ora al design funzionale di Toussaint, che trova la sua espressione maggiore nella libreria studiata per la mia biblioteca e poi diventata prodotto di uso estremamente pratico e apprezzato. A proposito di essa Daniele Baroni scrive che «esprime valenze originali e si colloca, come struttura modulare, fra le migliori citazioni del purismo razionalista del passato, da Asnago e Vender a Enzo Mari. Una libreria, dunque, un po’ architettura, ma percepibile anche come "opera moltiplicata"». Il senso della propagazione del modulo appare qui gestito in modo sorprendente e garantisce, con la scelta dei materiali e con la sapiente definizione dei particolari costruttivi, le esigenze di portata che la libreria deve avere quando svolge appieno la sua funzione.
Questo percorso, che intreccia ricerca artistica e ricerca funzionale, si sviluppa sempre con l’attenzione ai materiali, che vengono utilizzati ben al di là delle loro consuete destinazioni. Mi riferisco qui all’uso dei vetri lavorati e degli specchi che costituiscono elementi fondamentali di installazioni, come Glass Works, in cui l’artista sfrutta la lavorazione industriale di essi per dare corpo ad una visione fatta di vibrazioni e di variazioni originate dalla diversa incidenza della luce sulle superfici operate del vetro (spesso reso specchiante), visione che si innesta in un contesto di ricerca che ha alla base le esperienze dell’arte cinetica e dell’optical art e che trova qui una nuova declinazione. Già abbiamo accennato all’uso del neon (nella tradizionale versione bianca o in quella, più usata da Toussaint, blu cobalto) per distribuire nello spazio dei segni-segmenti grafici che possono generare percorsi o interagire con altre presenze.
Nella mostra di Budrio, tutte queste acquisizioni fatte dall’artista nel corso degli anni e i pensieri che ad esse preludono o da esse derivano vengono riassunte nella stanza arcaica, in cui, in una installazione dalle valenze simboliche, oggetti primari come un tavolo pontile, un letto, alcuni contenitori con ripiani in rete grigliata, e su di essi un pane e la sagoma di un pesce, sono posti in relazione con fotografie delle architetture di Luis Barragan, rappresentative di un minimalismo in cui Toussaint si ritrova appieno, e con una gigantografia della Colonna senza fine di Brancusi, aspirazione ideale del nostro artista. E la "colonna" dialoga con una scultura asimmetrica attraversata da un lampo lento di neon blu, presenza statica sospesa dentro una "figura" la cui articolazione suggerisce una tensione e un dinamismo compressi. A tutto ciò sembra rispondere la scansione di segmenti neon blu cobalto che si distendono in una curva ascendente che culmina con un incrocio allusivo. L’atmosfera generata da queste luci avvolge tutto, assorbendo e rinforzando nelle stesso tempo quelle suggestioni che aleggiano sulla quotidianità del letto (metafora di eros e thanatos), del tavolo e del cibo (pane e pesce). Tutto si dissolve in una visione che perde contatto con la realtà, che si estranea da essa e rifugge dalle complicazioni del vivere e dalle alienazioni che ne derivano, per immergersi in una dimensione nuova, in cui è la semplicità dello spirito a trasformare tutto e a sollecitare una liberazione dagli orpelli e dalle superficialità tipiche del nostro tempo.
Luigi Cavadini
Jacques Toussaint
Glass works
installazione nell’ambito di Arte Fiera Off
BOLOGNA – BCLA-Délégation Culturelle/Alliance Française di Bologna Via De’ Marchi 4
www.france-bologna.it
Inaugurazione: venerdi 21 gennaio 2011 ore 17.30
Interverranno il critico Luigi Cavadini e il direttore di Arte Fiera Silvia Evangelisti
L’opera resterà in mostra fino al 25 febbraio 2011
Art works
mostra
BUDRIO (BO) – Torri dell’Acqua, Via Benni 1
tel. 3479772122
www.letorridellacqua.it
Inaugurazione: sabato 22 gennaio 2011 ore 18
Sarà presente l’artista e interverrà il critico Luigi Cavadini
La mostra promossa dal Comune di Budrio e dalla Fondazione Cocchi
resterà aperta fino al 27 febbraio 2011
Nell’ambito di Artefiera 2011 a Bologna dal 28 al 31 gennaio